Gola Interviste
La cucina come un grande salto
Silvia Chiarantini, autrice del libro Parkour
Silvia Chiarantini, cuciniera curiosa, mangiatrice un po’ smodata, vivandiera affettuosa. Parkour è il libro con cui racconta la sua idea di cucina e di libertà
L'intervista
Silvia Chiarantini autrice del libro Parkour, la mia cucina sconfinata e in movimento. Partiamo dal titolo, perché Parkour
Il parkour è uno sport acrobatico, consiste nel superare ostacoli soprattutto urbani, per attraversare una strada si salta da un tetto a quello del palazzo di fronte, con una capriola si oltrepassa un fossato, ci si arrampica su un muro per andare al di là. L’ho visto fare per la prima volta ai ragazzi a Gaza e aveva un significato particolare in quel mondo imprigionato, era un modo per canalizzare le energie e sognare la libertà, oltre i confini. Questo libro vuole superare i confini, andare da una sponda all’altra del Mediterraneo e raccontare storie di ricette e ingredienti che sono a loro volta storie di persone e cose che hanno superato i confini.
Qualche esempio di ciò che troviamo nel libro
Sono tante le ricette della nostra tradizione che rappresentano vere e proprie esibizioni di parkour, ad esempio la zuppa inglese: un dolce che nel titolo sembra venire dall’Inghilterra, tra i propri ingredienti ha un pane nato in Spagna da un pasticcere genovese, una crème pâtissière inventata oltralpe, un cacao che ha fatto un lungo viaggio dal sud America e un liquore, l’alkermes, che pare uscito da lontani caravanserragli delle storie di Le mille e una notte, ma che venne creato, centinaia di anni fa, dai fraticelli in un convento nel cuore di Firenze.
Parliamo di cucina etnica che da noi fa fatica ad affermarsi, penso a Firenze e a quel poco che c’è
Siamo vittime della nostra tradizione, italiana e in questo caso fiorentina. C’è l’idea che la cucina degli altri sia un tradimento della nostra identità. Invece l’identità funziona per somma non per sottrazione, se aggiungo è meglio, la cultura si arricchisce. Ovviamente quella fiorentina è un’ottima cucina ma ormai l’offerta risente troppo della presenza turistica. Ma io spero che un tempo non lontano anche Firenze possa ospitare le cucine di tutto il mondo.
Ti definisci, cuciniera curiosa, mangiatrice un po' smodata e vivandiera affettuosa
Si e nel libro, che è un po' autobiografico, lo spiego. Non sono una chef, la mia è una cucina popolare, sia quella italiana che quella mediterranea, una cuciniera appunto, ma tanto curiosa. Mangiatrice un po' smodata, perché per me mangiare è stare insieme ma mangiare è stato anche un problema quando sono stata eccessiva. Infine vivandiera affettuosa, perché amo avere amici a cena, cucinare per loro come atto d’amore.
Un’ultima battuta sulle foto, sono molto belle, sei una brava fotografa
Ti ringrazio, sono anche fotografa ma considero la macchina un oggetto orribile, una tecnologia tutta maschile che spero una donna riesca prima o poi a ridefinire. Amo invece curare il set per le foto, scegliere gli oggetti, la tovaglia, la luce. Ecco quello si. La macchina? Ti confesso non è mai uscita di casa.
Tiene corsi di cucina mediorientale e pubblica le sue ricette sul blog www.popcuisine.it e sui social Instagram e Facebook @popcusine.it