Siamo circondati da chef stellati e sempre pronti a immergerci in “esperienze culinarie”, cerchiamo emozioni anche nei piatti eppure ogni qualvolta ci imbattiamo in una trattoria familiare rimaniamo affascinati.Se il perché è abbastanza ovvio, più interessante è capire perché sia così difficile trovarne una.
Sarà l'Expo, sarà la retorica del "Made in Italy" ma mi è tornata in mente una storia. Sarà sempre valida?
Mangiare in Vietnam costa poco. Con poco più di due dollari si prende un piatto unico di carne o di pesce, un pasto completo in un ristorante vietnamita costa circa il doppio. Ma i nuovi ricchi, il ceto medio che sta assaporando questa ricchezza da boom economico dove mangia?
"Siamo anche quel che mangia quello che noi mangiamo".
Gentile fanciulla che ha appena iniziato la stagione lavorativa in un ristorante fronte mare in quel di Porto Azzurro, sappi che la tua energia e il tuo entusiasmo non sono elementi sufficienti a fare di te una brava cameriera o se preferisci “addetta alla sala”. Ripassiamo insieme le buone maniere?
1. sono un cliente, certo, alla fine pagherò il conto e sarò un numero da abbinare alla serata, ma essere accolti da un “buonasera”, decidi tu quanto cordiale ma almeno un “buonasera”, è meglio che sentirsi dire “qui va bene”.
2. se hai il dubbio di essere davanti a una coppia di inglesi non puoi esordire con “red wine o white wine?”. Anche gli inglesi, pragmatici fin che vuoi, hanno diritto alla forma. Semmai “would you like some wine” e comunque aspetta che abbiano ordinato e poi se avete stampato una carta dei vini servirà a qualcosa o no?
3. a proposito di vini se ordino un vermentino di una certa azienda non puoi portarmene un altro dicendo che è il migliore dell’Elba. Chi sei tu per dirlo? E se io fossi stato il proprietario dell’altra azienda come l’avrei presa? Si dice “mi dispiace quello è finito, le posso consigliare questo”
4. se ti hanno detto che devi essere cordiale con i clienti non significa che siamo diventati amici. Non insistere con quel “come andiamo?”, “cosa portiamo ora?”.
Tutto questo poi alla fine sarebbe nulla se non avessimo anche mangiato male, per cui l’invito più importante lo rivolgo al tuo datore di lavoro: i soldi che spendi per pagare il procacciatore di clienti lungo la strada impiegali meglio. Prodotti semplici e genuini, un cuoco vecchia maniera e un ripassino al personale di sala. Tutte le rendite hanno un limite e quelle di un isola, visti i tempi, potrebbero durare anche meno.
Oltre cinque milioni di italiani hanno scelto di abbandonare la carne nella loro alimentazione. La scelta vegetariana e vegana si sta diffondendo rapidamente anche nel nostro paese e rappresenta, insieme al biologico, uno dei pochi settori dell’agroalimentare in crescita in un periodo caratterizzato da una forte e continua contrazione dei consumi. La scelta Veg è riconducibile a molti aspetti e quello salutistico è solo uno.
Ogni volta che sbarco su un isola faccio lo stesso sogno a occhi aperti. Immagino che gli abitanti e i loro ospiti possano vivere, ma sopratutto mangiare, di quello che producono. Immagino un isola operosa che durante tutto l'anno si ingegna a costruire le basi per poter dar da mangiare non solo a se stessa ma anche ai tanti turisti che in estate arriveranno. E allora immagino allevamenti, campi coltivati, frutteti, piccole industrie di trasformazione.
Anche dopo un inverno piovoso come quello che abbiamo avuto il problema dell'acqua c'è sempre. Non solo perché dobbiamo abituarci a non sprecarla ma perché davvero è una risorsa preziosa.
Il ponte divideva il quartiere più popolare della città dalla zona degli alberghi di lusso. Di là d’Arno San Frediano dall’altra parte il Grand Hotel e l’Excelsior. Anche i nomi delle strade non lasciavano adito a dubbi, in San Frediano le vie si chiamavano come i lavoratori, c’era via dei Tessitori e via dei Cardatori.
Ho visto la fine del mondo, Finisterre. E’ successo durante l’estate del 1977. Avevo da poco compiuto 18 anni, superato la maturità ed ero partito per il viaggio più avventuroso della mia vita.
Sono stato a Bologna a “Sana” il salone del bio e del naturale. Sono rimasto sorpreso dalle dimensioni e dal successo della manifestazione.
Arrivano quasi tutte insieme le barche dei pescatori senegalesi, di prima mattina affollano le spiagge di Kayar e in un batter d’occhio scaricano il frutto del lavoro di una nottata: cernie, orate, sogliole. Appena sbarcati inizia il mercato, il pesce più pregiato se ne va per gli alberghi e i ristoranti, i grossisti che pagano un chilo di orate 3 dollari hanno già fatto man bassa, quel che resta perderà di valore con il passare delle ore.
E se la cucina ci avesse stancato? No, non parliamo di noi ovviamente ma in giro si avverte un clima un po' strano, un pò di noia intorno a tutti questi fuochi e fornelli c’è. “Cucinano dappertutto”, si sente dire, e un pò è vero.
Come faremo senza i selfie dall'EXPO e gli articoli sulle interminabili code?
“Qui si sono mangiati tutto e quello che non si mangia lo bruciano”. Hussein è stato per dieci giorni il nostro autista e la nostra guida in uno dei paesi più poveri e difficili del mondo, la Repubblica Centrafricana, tristemente famosa per le gesta non proprio eroiche di uno dei suoi tanti dittatori, tal Bokassa accusato, tra l’altro, anche di cannibalismo. Hussein è somalo, è qui perché lavora per una delle oltre cinquanta ONG presenti nella capitale, più di mille persone che garantiscono un afflusso continuo di denaro, praticamente la principale fonte di sostentamento del paese.
Ora che so tutto sull’olio di palma mi è tornata in mente una storia di qualche anno quando in Camerun vidi per la prima volta l’olio di palma. Il villaggio nel cuore della foresta si chiama Besalì e fino a qualche decina di anni fa era isolato dal resto del paese.
Nel rimettere a posto la libreria ho scoperto di avere decine di libri di cucina, alcuni che non sfoglio da tempo, altri che forse non ho mai aperto. Mi sono chiesto se al tempo di internet un libro di ricette abbia ancora senso. Sul web si trova tutto. Non fate a tempo a digitare un ingrediente e sarete sommersi di ricette e consigli. Allora a che servono i libri? Ci ho pensato e ho risposto che servono ma a qualche condizione.
Per capire chi è Stefano Mancuso possiamo partire da quello che sta facendo in questo momento. Il professor Mancuso è l’uomo a cui il governo cinese si è rivolto per sapere come può fare a rendere pulita l’acqua di uno dei fiumi più inquinati al mondo, il Fiume Giallo.