La trattoria che tutti cercano ma che non c’è
Il sogno, quasi impossibile, di una cucina popolare, economica, autentica
A vedere i menù intrisi di sughi e fritti sembra incredibile che la trattoria italiana abbia ancora tutto questo successo. Mentre tutto sembra convergere verso i cibi leggeri e salutari (ma sarà vero?) ecco che il pubblico e la critica riscoprono il fascino della cucina popolare. Quella autentica ovviamente. E allora il numero degli esercizi che rispondono a pochi ma fondamentali criteri si riduce di parecchio. Quanti? Veramente qualche centinaio in tutta Italia, una decina poco più in Toscana. I piatti forti sono quelli della tradizione, la pasta fatta in casa, i sughi, la cacciagione, gli stracotti e le zuppe. Ovviamente si varia da regione a regione e da città a città ma alla base c’è sempre la tradizione. Nelle trattorie vere il “rivisitato” non c’è. Se siete a dieta passare oltre. Ma cosa rende così difficile per una trattoria essere autentica? Il primo vincolo è proprio quello della tradizione. Un locale che apre in pieno centro magari al posto di un altro esercizio farà fatica a dimostrare di essere frutto della tradizione. Poi le materie prime che qui, non per moda ma per necessità, devono essere di prossimità. Il servizio, a cui non sarà richiesto di essere raffinato, ma puntuale, cordiale, empatico, perché in trattoria si va anche per essere accolti. Ma tutto questo quanto costa? Non poco. L’idea che la trattoria debba essere gioco forza economica fa oggi i conti con costi non comprimibili che, paradossalmente, pesano più su esercizi di questo genere che sulle grandi catene. Ecco perché in una buona trattoria non troverete un primo sotto i 10 euro, anche 13 se di pasta fresca e un secondo a meno di 20. Ma chi ha saputo continuare nel solco della tradizione, garantendo qualità e rispetto, oggi può offrire un piatto di tortellini (alla panna di affioramento nel caso) a 28 euro e avere la fila.