C’era una volta il latte fresco
E’ la fine di un’era. Presto sarà solo un ricordo
Senza andare troppo indietro quando con la bottiglia in mano si mandavano i bambini a prendere il latte, e Gianni Morandi ci faceva sopra una canzone, c’è stato però un tempo in cui era normale considerare il latte un prodotto fresco e quindi deteriorabile. Due, tre giorni al massimo. Ma siccome in famiglia lo bevevano tutti il problema che avanzasse non c’era. Poi sono cambiate le abitudini, una campagna di comunicazione si è abbattuta contro il latte additandolo di tutti i mali e i consumi sono cominciati a calare. Il resto l’ha fatto il Covid. Durante la pandemia ci siamo abituati a fare meno la spesa e gli alimenti a più lunga scadenza hanno avuto la meglio. Ecco che allora un latte pastorizzato che può durare dieci giorni diventa ambito da una gran parte dei consumatori. Le aziende, sempre attente a risparmiare e a evitare sprechi, hanno colto l’occasione e in men che non si dica hanno tolto il latte fresco dal commercio. Granarolo l’ha fatto con tanto di comunicazione dicendo che i costi ormai non erano più sostenibili e che il reso che arrivava dai supermercati non era più gestibile. Gli altri l’hanno fatto senza dirlo. Fatto è che oggi trovare un latte fresco, anche se biologico e di filiera, è una rarità. Dicono le aziende che non si sente la differenza tra un pastorizzato e un fresco. Sarebbe grave, ricordo bene una degustazione promossa proprio da Gola Gioconda che mise a confronto diverse marche di latte presenti nella grande distribuzione e quelle di piccole aziende che avevano puntato sulla freschezza emersero decisamente. Può essere che i metodi di pastorizzazione siano molto migliorati così come è probabile che la nostra capacità di distinguere “il fresco” si sia abbassata. Io continuerò a cercare quello che scade prima.