Da New York Marradi è lontanissima in tutti i sensi
eppure, è lì che si decide il destino di una fabbrica e di un paese. Il fondo di investimenti che ha acquistato l’azienda che ha rilevato la fabbrica di marroni ( e purtroppo non è una cantilena di Branduardi ma la realtà dei fatti) è infatti quotato alla Borsa di New York e si occupa di rilevare aziende con qualche possibilità, ma al contempo in crisi o impossibilitate a fare gli investimenti necessari. Le compra, le rimette in sesto (senza tanti complimenti) e poi le rivende. La piccola fabbrica di Marradi è finita in questo vortice senza saperlo. Lassù si pensava, giorno dopo giorno, a confezionare i marroni come si è sempre fatto. Perché i marroni sono tutto intorno, perché queste donne hanno imparato a lavorarli bene e a farne soprattutto marron glacè. Poco gli importa se, come dicono ora i manager, il prodotto è invecchiato e ai giovani non piace, anche perché nonostante tutto il mercato c’è. Ma quelli di Wall Street che ne sanno delle marronete, del profumo delle castagne arrostite, di un paese che chiama quel capannone “la fabbrica di marroni”, di donne che attorno a quel lavoro, per quanto in gran parte stagionale, hanno costruito una vita e sostenuto quella degli altri. Loro hanno pensato alla logistica e se a Marradi non ci sono mai stati l’avranno cercata su Google maps e poi si saranno detti che uno stabilimento, più grande e più moderno c’era già. A Bergamo e che importa se non ci sono i marroni, “ ce li porteremo “ e se proprio vorranno potranno venirci anche le donne a lavorare. Funziona così il fondo di investimento, ci mette la testa, ma la testa è staccata dal corpo. Per non parlare del cuore.