Come si mangerà nella scuola che riapre
Una battaglia che sembrava persa in partenza.Da una parte l’industria della ristorazione collettiva, la burocrazia e la paura (più o meno fondata) del diffondersi del Covid nelle scuole, dall’altra un manipolo di insegnanti, presidi, qualche amministrazione pubblica e un pò di aziende che in questi anni hanno investito nella buona mensa. Oggetto del contendere: come mangeranno i bambini a scuola alla riapertura? Il gruppo di scienziati, a cui era stata affidata la pratica scuola, non aveva avuto dubbi perchè rischiare l’affollamento di un refettorio, le posate, i piatti, lo sporzionamento, diamo a tutti un bel piatto preconfezionato, il famoso lunch box. Una via di mezzo tra quello che servono in aereo e quello dell’ospedale (ma in qualche caso ora si mangia bene anche lì). Cibo precotto, confezionato a distanza, sigillato e riscaldato per l’occasione. Ognuno se lo poteva mangiare direttamente seduto al proprio banco. Contro questa ipotesi si è scagliato chi in questi anni ha lavorato per portare nelle mense scolastiche cibo sano e buono. Filiere corte, ricette della tradizione, prodotti biologici, centri cottura vicini alle scuole. Perchè rinunciare a tutto questo? Hanno provato anche gli assistenti sociali a spiegare quanto un buon pasto sia importante nella scuola, sopratutto primaria, e anche di più in questa fase di crisi economica. Quello fatto a scuola, hanno detto, è spesso l’unico pasto equilibrato fatto dai bambini nell’arco della giornata. E dunque si sono messi di traverso e alla fine hanno vinto. Chi è in grado di servire un pasto tradizionale in condizioni di assoluta sicurezza potrà continuare a farlo. Il lunch box non è obbligatorio. E’ una vittoria che metterà ancora più in luce gli esempi positivi, che in Toscana non mancano, di buone mense. Per gli altri il rammarico di non essersi attrezzati per tempo perchè ora non ci sono alibi, dove spunterà il lunch box vorrà dire che non si è lavorato per la “buona mensa”.